Quella che si dipana nella trama del libro è una vicenda gialla
dall'esito non scontato, ma anche il racconto di un animo lacerato
dallo scontro fra i ricordi e la realtà della terra siciliana.
Per il suo esordio narrativo Italo Persegani, che siciliano è a
titolo della giovinezza trascorsa sull'isola, ha corso il rischio
di parlarci di una Sicilia odierna, etnea agli inizi del mese di
settembre quando nulla fa pensare all'incipiente autunno fuori che
un lieve animarsi di tendaggi, segno di brezza che per quanto tenue
sale a smorzare il dominio della controra: le persiane sono ancora
socchiuse a filtrare l'impazienza della luce e nella penombra tutto
sembra assumere un ritmo placido e indolente. Nel paese che fu feudo
dei baroni d'Avalos, e che conserva e degrada una cattedrale barocca
e un centro storico di stemmi e di balconi, Vittorio Palagonia,
giudice presso la Corte d'Appello di Milano, torna per il funerale
della madre. Sono passati venticinque anni dall'ultimo soggiorno
nel paese, venticinque anni da che fece inutilmente condannare
don Alfio Petralia, latitante e boss mafioso della zona, e tanto
tempo non è senza lasciare traccia. Il giudice Palagonia possiede
ormai uno sguardo che in virtù della lontananza è in grado di
cogliere assai più nettamente le implicazioni prospettiche, ma
che non gli vieta tuttavia di riavvicinarsi a un passato da cui
credeva di aver preso congedo. […]Come un antico paladino di
Francia, caro ai cantastorie girovaghi della Sicilia, il giudice
viene a trovarsi solo di fronte ai tentacoli del mostro, quali
rivivono negli ostacoli sulla via della verità.Una verità che
non è poi un semplice scioglimento di caso giudiziario, ma un
qualcosa di molto più complesso, che rimanda ai legami sotterranei,
così difficili da cogliere, di un uomo con le proprie radici,
con una terra che si anima di presenze misteriose e interroganti,
come un ramarro di terrazza, una falena, un muggine di scoglio,
gli antichi signori dell’isola favolosa prima che fosse preda
degli umani e delle loro insensatezze. Qui la scrittura sobria
di Persegani sa toccare momenti di intensa suggestione, di
lirismo scarno ed essenziale che si inseriscono con calcolata
giustezza nell’ordito del racconto di impegno civile. E proprio
questo saper oscillare dal fantastico alle esigenze di una trama
che avvinca il lettore costituisce la nota più originale del libro.
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